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martedì 3 agosto 2010

Privacy VS controlli di sicurezza: partita aperta

L'eventualità di incorrere in rischi operativi interni, danni da eventi straordinari esterni, furti, intrusioni, atti illeciti spinge le aziende a dotarsi di impianti di video-audio sorveglianza a volte sofisticati (foto da aylook.com). Esistono sistemi che ampliano l'angolo della visuale, altri che impiegano zoom e software per il riconoscimento biometrico, del viso e dell'andatura di una persona rendendo riconoscibile l'identità di chi viene ripreso. L'esigenza di monitoraggio organizzativo e di sicurezza viene ridimensionata nel momento in cui i bisogni dei datori di lavoro si scontrano con la sfera della privacy dei dipendenti e della tutela dei loro dati personali (D. Lgs 196/03). Parafrasando l'articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/70) è infatti vietato usare telecamere o altri apparecchi con il fine di controllare a distanza le prestazioni lavorative degli impiegati. Una garanzia ripresa e ampliata dall'autorità per la privacy, che è intervenuta tutelando anche casi di controllo indiretto dei lavoratori. E' consentito posizionare telecamere esclusivamente per scopi di sicurezza e organizzativi, qualora per l'impresa sia impossibile ricorrere ad altre misure. Il tutto con il via libera preventivo della rappresentanza sindacale. Le aree di videosorveglianza devono essere facilmente individuabili dai lavoratori, i quali a loro volta devono essere informati. La recente decisione del Ministero del lavoro secondo cui è possibile registrare telefonate, grazie a sistemi di criptaggio che rendono difficile ricondurre la voce dell'impiegato alla sua identità, riapre nuovamente il dibattito.

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