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venerdì 30 luglio 2010

Cattiva manutenzione: un grande pericolo per chi lavora

Fra i principali motivi di un incidente sul lavoro, indipendentemente dal settore osservato e dalle dimensioni dell'impresa considerata, spicca la mancanza di manutenzione.
Circa un quinto dei pericoli e dei rischi a cui sono esposti i lavoratori in Europa è attribuibile ad una carenza nella manutenzione sull'attrezzatura, sui macchinari, sugli impanti installati e sugli immobili. Una percentuale che sale esponenzialmente (fino al 50%) nei settori dell'edilizia, dell'industria metal-meccanica e chimica.
Ad affermarlo è l'Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza (EU-OSHA), che ha condotto una ricerca accurata sulla tematica "Cause e circostanze degli infortuni nell'ambiente di lavoro" nel 2008. I risultati dell'analisi sono stati riproposti nel corso della presentazione dell' iniziativa 2010-2011 intitolata "Ambiente di lavoro sano", un'iniziativa a livello europeo. Gli obiettivi della campagna dell'Agenzia: ridurre al massimo i pericoli e promuovere le pratiche di manutenzione preventiva sui luoghi di lavoro, per la salvaguardia della salute e dell' integrità fisica dei lavoratori.

giovedì 29 luglio 2010

Lavoro e sicurezza: un conflitto fra forma e sostanza

Ciascuno di noi ha il diritto di vivere un'esistenza dignitosa e libera. Diritto fondamentale, a livello formale. L'attività lavorativa, nel settore pubblico e privato, è lo strumento che ci permette di raggiungere questo obiettivo-diritto. Tuttavia, la crisi economica, la stagnazione, la disoccupazione stanno mettendo a dura prova l'occupazione, in pratica la base di società democratiche. Ed è questo ciò che accade nella sostanza.
La Costituzione italiana ha sancito l'importanza del lavoro nel suo primo articolo e ha anche esteso la sua portata dall'Art. 35 al 41, dove il concetto di lavoro è affiancato all'idea di tutela della vita, di dignità umana e di sicurezza. "L'iniziativa economica [..] non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana" recita l'Art. 41. Sulla base di questo, dovrebbe essere rivisto l'intero mercato del lavoro, che offre sempre più tipologie di contratti a termine, determinati o di stage. Con la proposta indiscriminata di tali contratti, stanno emergendo situazioni sociali sfavorevoli: lavoro precario, soprattutto per i giovani. Ci si domanda, quindi, se meno lavoro conduca, oltre che a minore dignità, a minore sicurezza sul lavoro. Quest'anno il settore edile, ha visto salire le morti sul lavoro del 15,82%: il dato Istat è stato calcolato sulla base delle ore impiegate, in netta diminuzione (-4% dal 2008, passando da 701 a 597 milioni). Nonostante il diritto alla sicurezza sia stabilito esplicitamente dalla Costituzione, sostanzialmente siamo ancora lontani dall'azzerare le morti, gli incidenti e le malattie lavorative.

Rischio d’incendio, che si fa?

Il rischio d’incendio è uno dei principali pericoli che possano capitare in una fabbrica o in qualsiasi luogo di lavoro. Una situazione che si fa più complessa da gestire negli ambienti chiusi.
Apparecchiature sovraccariche, impianti difettosi, accumulo di materiali combustibili possono generare in men che non si dica un’emergenza improvvisa. Per non parlare di errori umani, dalla sigaretta in ambiente proibito all’affidarsi a tecnici e addetti alla manutenzione poco professionali. Peggiorano le condizioni se ci si trova in un ambiente non ventilato e controllato male.
Ecco i motivi per cui è necessario per i datori di lavoro, come stabilito per legge, munirsi di attrezzatura e personale antincendio qualificato che sappia affrontare con lucidità la situazione.
In un ambiente invaso dal fumo, col panico che dilaga, l’assenza di piano di evacuazione può portare ad una perdita di controllo dei presenti ed una situazione impossibile da gestire se non sono presenti figure con competenze e formazione idonea.

mercoledì 28 luglio 2010

Precari e irregolari, non si vive di posto fisso

Provvisti di poche certezze, costretti a destreggiarsi tra mille sacrifici e con la sola speranza di un futuro migliore. È lo spaccato che raffigura la situazione dei lavoratori in Italia, un quadro estremamente variegato e in continua evoluzione.
Il posto fisso è il sogno di tutti, ma i più si devono accontare di un’occupazione precaria: sui dati si discute in continuazione ma la percentuale di lavoratori con contratto a progetto o a tempo determinato si aggira intorno al 15% del totale degli occupati nel BelPaese.
Sono precari soprattutto i giovani e i cittadini del mezzogiorno. La panoramica dei lavoratori italiani si arricchisce con l’ampia fetta degli irregolari: circa tre milioni e per lo più stranieri.
Inoltre ammonta a 500.000 la quota di baby-lavoratori al di sotto dei quindici anni sfruttati quotidianamente.
Alla faccia dei diritti basilari e dell’ottimismo, saltellando da uno stage all’altro, arrangiandosi in un cantiere, imprese tessili, nei latifondi, vendendosi a pochi euro per tirare avanti.

Verso una cultura del lavoro senza stress

Che l'esposizione continuata a situazioni stressanti incida negativamente sullo stato di salute dei lavoratori è un dato di fatto (foto da lavoripubblici.it). Quasi un terzo degli occupati in Italia, secondo l'Inail, si trova nella morsa dello stress da lavoro, ben oltre la media osservata in Europa (22%). Secondo un articolo comparso sul quotidiano on-line la Stampa, basato su una ricerca condotta dall'Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, ridurre lo stress dell'ambiente lavorativo equivale ad estendere i benefici per i dipendenti agli stessi datori di lavoro, in termini di soppressione di costi associati all'assenteismo. La promozione della salute sul lavoro diventa quindi il nuovo imperativo per superiori, capi e dirigenti. L'ente europeo, infatti, sottolinea l'importanza della formazione e dei programmi per i datori di lavoro, soprattutto di quei corsi volti a sensibilizzarli sui segnali di stress che potrebbero affliggere il proprio personale. Limitando i fattori di stress, collaboratori e impiegati riuscirebbero a gestire al meglio le proprie mansioni, con effetti positivi sulla motivazione e sulla produttività. In più, il rendimento economico e il risparmio a lungo termine non riguarderebbe soltanto le aziende impegnate nella lotta contro lo stress ma anche il sistema della sanità e, indirettamente, lo Stato.

martedì 27 luglio 2010

Lavorare? No, sopravvivere

“L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. Non è un semplice slogan promozionale né tantomeno si tratta di una dichiarazione rilasciata dall’uomo della strada. E’ una sentenza racchiusa nell’articolo 1, il più importante della nostra Costituzione.
A bene vedere, però, sembra che nel BelPaese si trovi più di una difficoltà affinché un sacrosanto diritto possa tramutarsi in realtà.
Sarà per colpa della crisi economica, sarà la globalizzazione, ma la disoccupazione non accenna ad abbassarsi stabile intorno al 8,7% nel primo trimestre 2010, concentrata in maniera drammatica nelle fasce più giovani.
E a peggiorare la situazione il dato sui salari italiani, agli ultimi posti tra quelli dei paesi avanzati, stipendi di gran lunga inferiori alla media dei paesi Ocse e Ue.
Un quadro generale del lavoro in Italia quindi? Dequalificato, mal pagato, precario e spesso esercitato senza le necessarie misure di sicurezza e salvaguardia. Come a dire: buona fortuna!

Ispezioni sempre più mirate contro le irregolarità sul lavoro

Dal 2009, gli accertamenti in materia di diritto del lavoro spettano direttamente anche alle forze dell'ordine (foto da panorama.it). L'attività mirata e selettiva dei carabinieri del Comando per la Tutela del lavoro, reparto messo a disposizione dalla Difesa per il Ministero del Lavoro, ha permesso, negli ultimi mesi, di scovare numerose violazioni e irregolarità da parte dei datori di lavoro di tutta Italia. Ed è proprio nei cantieri che risultano le infrazioni più gravi. Le cifre ufficiali scaturite dai controlli effettuati nel primo trimestre 2010, sono state diffuse di recente in occasione di un protocollo firmato fra Carabinieri e il Comitato Paritetico Territoriale di Roma il 26 luglio. 1758 è il totale delle ispezioni sul territorio nazionale tra gennaio e marzo (70 nel Lazio). Gli interventi di vigilanza hanno portato alla luce circa 3600 violazioni alle norme di sicurezza sul lavoro, soprattutto nel campo dell'edilizia seguito dall'industria, agricoltura e commercio. Fra le violazioni riscontrate primeggiano quelle relative alle azioni di prevenzione contro gli incidenti sul lavoro nei cantieri (1369). Non da meno si sono rivelate sia le irregolarità per l'omissione di informazioni sui rischi ai dipendenti e per la carenza nella formazione (616 casi), sia quelle inerenti la sicurezza dell'ambiente lavorativo (611). Il 15% dei dipendenti controllati (7551 lavoratori su 50736) è risultato in nero: i carabinieri hanno sospeso oltre 530 attività coinvolte nel lavoro sommerso.

lunedì 26 luglio 2010

Morti bianche, Lazio quota tredici a metà anno

Tredici decessi sul lavoro nel Lazio nella prima metà del 2010. E’ questo il bilancio delle morti bianche a Roma e dintorni nel periodo compreso tra gennaio e giugno.
Incidenti per lo più concentrati nella zona urbana della città: due uomini sono rimasti schiacciati dai macchinari, un operaio è morto fulminato, uno vittima di un incidente stradale, un lavoratore precipitato, e il caso eclatante del 10 marzo con un operaio morto sul lavoro e lasciato sul marciapiede.
Una lista che fa capire l’importanza dei corsi di formazione e sicurezza nella Capitale, ancora lontana da costituire un modello da imitare.
Ai decessi elencati si aggiungono, in provincia, i drammi di altri due operai: il primo precipitato a Pomezia il 15 marzo, il secondo andato a sbattere contro un palo a Civitavecchia il 3 aprile.
Un incidente mortale anche a Viterbo, dove un uomo è morto schiacciato da un trattore. Addirittura tre i sinistri fatali a Latina e tutti con la stessa causa: una gru ha schiacciato i malcapitati

Individuare lo stress sul lavoro: obbligo rinviato per le aziende

Riconoscere oggettivamente lo stress legato alla pressione lavorativa (foto da corriere.it) e capire quanto possa incidere sull'ampia prospettiva della sicurezza globale all'interno dell'ambiente di lavoro non è un compito facile. Per questo motivo, il settore pubblico e le piccole-medie imprese, da oggi, dispongono di ulteriori 4 mesi di tempo per effettuare i controlli previsti sul livello di stress a cui è sottoposto il proprio personale. La scadenza per l'obbligo, stabilito dall'articolo 28 del Decreto legislativo 81/2008 (Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro), è stata posticipata a fine anno, al 31 dicembre 2010. Tra i motivi principali del rinvio: la complessità dell'argomento "stress" connessa a conoscenze superficiali della Normativa da parte dei datori di lavoro e la mancanza di procedimenti standard per redigere e somministrare il test di valutazione. Inoltre, alcuni suggerimenti di modifica sono stati avanzati dall'Ispels e dalle Regioni alla Commissione Consultiva permanente che sta elaborando le linee guida per il monitoraggio dello stress correlato. Restano, infatti, alcuni punti interrogativi su come individuare al meglio i fattori che scatenano lo stress sul lavoro, le manifestazioni fisiche collegate e le ripercussioni psicologiche sul lavoratore.

venerdì 23 luglio 2010

Quando rinunciare alla spesa non significa risparmiare

Ultimamente, dai notiziari, arrivano messaggi di una lieve ripresa dell'economia italiana. Alcuni indicatori statistici sembrano in contrasto con questa visione ottimistica (Foto da guadagnorisparmiando.com).
Da un lato, la disponibilità di denaro delle famiglie è calata del -2,6% (a -1,8% se considerato il contributo dei sostegni sociali al reddito) nel corso del 2009.
Dall'altro, più recente è il dato Istat per le vendite al dettaglio, che hanno subito una flessione dello 0,3% rispetto al mese di aprile 2010. Il paniere dei beni primari per le famiglie continua a restringersi: il minore potere di acquisto (-2,5%) intacca anche i consumi di alimenti, che registrano un -1,9% dal 2008. Famiglie costrette a tagliare sia sulla quantità sia sulla qualità dei prodotti. Lo stress a cui sono sottoposte le famiglie per contenere le spese di tutti i giorni è elevato.

Secondo l'Istat, gli italiani, notoriamente un popolo di risparmiatori, non riescono più a mettere da parte fondi come un tempo: infatti, la propensione verso il risparmio è scesa dello 0,7% dal 2008. Si tratta di un valore molto basso, mai come dagli anni Novanta.

Rischio stress, non basta la fatica

C’è chi si danna l’anima per trovare un’occupazione stabile: giorni e mesi interi alla ricerca di offerte, milioni di concorsi fatti, colloqui a non finire.
Ma una volta trovato un posto non finiscono i guai, anzi ne cominciano di nuovi. All’incertezza lavorativa si sostituisce il crescente rischio stress, il “mal d’ufficio” che attanaglia sempre più gli impiegati, ma non solo.
È necessario avere le adeguate informazioni sullo stress a lavoro, l’esasperazione nervosa nel proprio impiego è dovuta in primis al contesto: rapporti non proprio idilliaci con i colleghi, ordini impartiti dai superiori, mancanza di una struttura organizzativa di sostegno.
A ciò si devono aggiungere i casi di occupazioni che coincidono con le proprie aspirazioni. Accontentarsi del primo ( e spesso unico ) posto a disposizione diventa un sacrificio obbligato ma la salute ne risente.
Da segnalare, ovviamente, un disagio che cresce a seconda dei ruoli che si rivestono e che dipende dal carattere e la personalità di ognuno.

giovedì 22 luglio 2010

Attenzione, la privacy è sacra

Nutrite dubbi sull’effettivo contributo lavorativo di un vostro dipendente? Vorreste controllare cosa fa durante le ore in cui è pagato e magari guardare che cerca su internet, leggere le sue email per capire che idea ha di voi?
Il rischio grosso per i datori di lavoro è di essere scoperti e incappare in un classico caso di violazione della privacy.
Se da un lato c’è una legittima esigenza di monitoraggio dell’azienda, dall’altro ci sono alcuni diritti fondamentali del singolo che con le recenti disposizioni internazionali, e quindi applicate in ambito nazionale, hanno una tutela maggiore. Un’evoluzione del concetto di riservatezza che è passato dal right to be alone (concetto di libertà negativa) al right to privacy (capacità di negare consenso e autodeterminarsi).
Il datore di lavoro può trattare informazioni personali solo se queste si rivelano strettamente indispensabili ma al tempo stesso deve assicurare idonee misure di sicurezza per proteggerle. Vietata quindi anche la circolazione di questi dati e qualsiasi loro utilizzo illecito.

Lavoro nero in Italia: l'esercito degli sfruttati

Si tratta di un fenomeno anomalo quello del lavoro irregolare, profondamente radicato nella mentalità imprenditoriale e nel tessuto economico del nostro Paese. Per la prima volta dal 2000, la piaga del lavoro sommerso appare in aumento (foto da tasse-fisco.com).
Questo l'allarme lanciato dall'Istat a inizio luglio 2010: si stimano 8000 occupati in nero in più nel 2009 (da 10,2% a 10,5%). Un dato significativo se incrociato con l'aumento della disoccupazione giovanile. Sale così a quasi 3 milioni l'esercito degli sfruttati senza diritti, arrivando a contare il 12,2% della forza lavoro totale. Per i lavoratori inseriti in questo meccanismo, alimentato sia dalla concorrenza sleale specie di piccoli imprenditori sia dalla spirale dell'evasione contributiva/fiscale, svaniscono diritti essenziali come le norme contrattuali e sulla sicurezza sul lavoro. Un passo indietro su molti fronti.
Dalle statistiche fornite dall'Istat, si stima un'incidenza delle economie sommerse sul PiL del 17,5%: escludendo fatturati sottodichiarati e costi intermedi sovrastimati, una quota del 6,5% del PiL risulta cannibalizzata dalle assunzioni irregolari. Al primo posto si trovano gli irregolari residenti in Italia (55%), al secondo gli occupati regolari con altre attività in nero (31,6%) seguiti infine dagli stranieri clandestini (13,4%). L'agricoltura è il settore più colpito per la stagionalità, seguito dall'industria. Servono quindi misure innovative per limitare il fenomeno del lavoro nero.

mercoledì 21 luglio 2010

Meno vittime sul lavoro nel 2009: progressi o effetto crisi?

Secondo il comunicato dell'INAIL, diffuso il 20 luglio 2010, dai dati nazionali sugli infortuni e la mortalità nel contesto lavorativo, si possono scorgere risultati tendenzialmente positivi rispetto al 2008 e ai bilanci storici dal 1951 (foto da il Giornale.it).
790mila è il numero dei feriti nel 2009 (-9,7%). Le segnalazioni di incidenti avvenuti durante l'orario di lavoro sono calate del 10,2% e un -6,1% è stato registrato per quelli accaduti durante il tragitto verso il luogo di lavoro. I decessi sono diminuiti di circa il 6%, passando da 1120 vittime a 1050. Cifre sempre molto alte, che fanno riflettere soprattutto sull'implementazione delle misure di sicurezza, considerato lo status dell'occupazione in flessione del 1,6 % (dato Istat), la cassa integrazione, i tagli delle ore di lavoro effettuati dalle aziende in crisi (specialmente al Nord, nel settore industriale e manifatturiero) e la conseguente minore esposizione al rischio di incidente. Il Lazio è l'unica regione italiana in controtendenza, dal momento che riporta un incremento del 16,5% delle cosidette "morti bianche".

E' più che logico domandarsi se e in quale proporzione questi risultati a livello nazionale siano da imputare ad una maggiore sensibilità rispetto agli adempimenti sulla sicurezza oppure siano dipesi dagli effetti negativi della crisi economica.

Lavoro nella Capitale.. e la sicurezza?

Nella Capitale non accennano ad arrestarsi gli incidenti sul lavoro. In città spuntano ogni giorno impalcature e ponteggi pericolanti, non va meglio a chi lavora in provincia in condizioni di sicurezza altrettanto precarie.
Di tanto in tanto è inevitabile ascoltare spiacevoli episodi di cronaca. L’ultimo avvenimento in ordine di tempo, è l’incidente di pochi giorni fa a Manziana, paese vicino a Bracciano, dove un uomo è caduto da 8 metri nel corso dei lavori di ristrutturazione di una villetta.
In qualche caso si tratta di fatalità, ma è pur vero che una grossa fetta degli incidenti che accadono a Roma e dintorni ha precise responsabilità che gravano sui datori di lavoro.
Tanti operai continuano nel loro esercizio privi dell’equipaggiamento necessario per la loro incolumità.
Reclamare? A rischio e pericolo di perdere seduta stante il loro posto mentre imprenditori e aziende continuano a far la voce grossa calpestando un dovere/diritto col solo obiettivo di tagliare i costi e aumentare il profitto.

martedì 20 luglio 2010

Più di 4 miliardi di motivi per evitare gli incidenti sul lavoro

Le stime dell'Eurispes, contenute nel Rapporto Italia 2010 nell'ambito dell'ampia ricerca commissionata dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri sul tema della sicurezza, parlano chiaro: investire nella sicurezza è l'unica alternativa per prevenire e evitare i sinistri sul luogo di lavoro (Foto da Repubblica.it).

Oltre ai danni fisici per le persone coinvolte, spesso non quantificabili, ingenti sono i costi monetari che scaturirebbero dal realizzarsi di infortuni lavorativi.
Costi che gravano effettivamente sulla collettività. La spesa iniziale per la formazione sulla sicurezza non dovrebbe essere intesa dal datore di lavoro come un costo irrecuperabile. Piuttosto, dovrebbe essere un beneficio aziendale a lungo termine. In più, una riduzione degli incidenti si tradurrebbe in un risparmio considerevole per la società e per il Fisco.

L'Eurispes ha quantificato il risparmio a 4,3 miliardi di euro, ipotizzando una diminuzione del 10% del rischio di infortunio. Il calcolo si è basato sugli 874.940 incidenti avvenuti nel 2008 (3,7%) che hanno generato danni economici per circa il 2,8% del PiL. Si potrebbe risparmiare e, al contempo, migliorare la qualità del lavoro, intervenendo su alcuni fattori, primo fra tutti la prevenzione.

lunedì 19 luglio 2010

Sicurezza sul lavoro, formazione e aggiornamento

Dapprima arrivò la legge 626 del 1994, una pietra miliare per la regolamentazione della sicurezza sui luoghi di lavoro in Italia.
Un nuovo passo in avanti è stato fatto col Testo Unico, il Decreto Legislativo 81 del 2004. Qualsiasi datore di lavoro è ora obbligato ad attenersi alle norme più recenti in materia al fine di garantire un sereno svolgimento dell’attività lavorativa ai propri dipendenti.
Tuttavia in sfere come quelle della prevenzione, mai come oggi continua ad essere necessario un costante processo di aggiornamento e formazione.
Basti pensare che solo nella prima parte del 2010, sono già state attuate una serie di direttive della comunità europea e decreti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di quello dello Sviluppo Economico. Tra le nuove disposizioni messe in atto una definizione del trasporto di merci pericolose, erogazione delle risorse per obiettivi di efficienza energetica, ecocompatibilità e sicurezza sul lavoro e immissione sul mercato di prodotti pirotecnici.

In tempi di crisi, lavoratori comunitari e neo UE preferiti agli italiani

Una tendenza che rivela la reazione delle aziende italiane alla crisi: è quanto emerge dallo studio condotto dalla fondazione veneta Leone Moressa Onlus, pubblicato a luglio fra gli approfondimenti del Sole24Ore.

Dall'esame sui dati ISTAT del 2009, risulta che la propensione ad assumere cittadini di recente ingresso nell'UE riguardi maggiormente il settore dei servizi alla persona, della ristorazione, del commercio, dell'edilizia e agricoltura. In sintesi, 147 mila lavoratori stranieri in più rispetto al 2008, di cui 118 mila provenienti da un Paese UE, pari all'80% sul totale e a un più 33% contro il 5% dei lavoratori extra UE dall'anno scorso.

In particolare, il Nord ha assistito ad una consistente modifica della composizione della forza lavoro, registrando la più alta presenza femminile non specializzata, quest'ultima caratteristica in linea con la media nazionale. Nonostante il tasso di disoccupazione straniera sia aumentato, i disequilibri tra domanda e offerta di lavoro hanno incrementato la richiesta di personale dalla Romania, Polonia e Bulgaria.

In genere, i profili professionali ricercati sono di livello medio basso e, tra i contratti di assunzione più diffusi, emergono quelli a termine (45,6%) e part-time. In crescita le forme contrattuali atipiche.

Infine, l'analisi mette in luce la questione degli stranieri irregolari in Italia, dato l'aumento impercettibile di cittadini extraeuropei di sesso maschile come risultato dall'indagine.

venerdì 16 luglio 2010

Lavoro, lo stress è dietro l'angolo

Orari estenuanti, routine incessante e situazioni complesse da gestire.
Al giorno d’oggi, sul proprio luogo di lavoro non è più sufficiente poter disporre delle conoscenze specifiche, anni di esperienza alle spalle e magari, in aggiunta, una solida preparazione tecnica.

Per qualunque lavoratore, qualsiasi sia la mansione che si trovi a ricoprire, è diventata praticamente indispensabile la capacità di sopportare tensioni accumulate e stress.
Una questione considerata troppo spesso in maniera marginale, liquidata come vezzo o scusante. Deve far riflettere, invece il fatto che in Europa circa il 22% degli impiegati soffra di tali problemi legati all’attività lavorativa.
Ed è solo negli ultimi anni che imprese e aziende si stanno adoperando al fine di valutare lo stress a lavoro. Un incentivo è stato dato dall’individuazione di vere e proprie patologie da fattori psico-sociali associate a stress stanno assumendo un ruolo sempre più crescente, in grado di compromettere la produttività e l’efficienza.

Disoccupazione in aumento: parola di Bankitalia.

Risale al pomeriggio di ieri la previsione della Banca d'Italia riguardante l'aumento del tasso di disoccupazione nel corso del trimestre prossimo (Foto da Panorama.it).
Durante l'assemblea annuale dell'Abi, il governatore Draghi ha espresso preoccupazione sull'imminente contrazione dei posti di lavoro. La stagnazione dei redditi delle famiglie italiane non agevolerebbe né gli investimenti, né i consumi, con conseguenti squilibri sulla produzione di beni e servizi ed effetti negativi sulla creazione di posti di lavoro. A rallentare la ripresa anche il riassorbimento dei cassa-integrati.

Prospettive poco rassicuranti per l'economia del lavoro, dalle quali però si possono intravedere alcuni stimoli per rendere dinamica la ripresa.

Secondo le affermazioni del governatore, apparse sui principali quotidiani nazionali, la recessione può essere sconfitta nel lungo periodo, oltre che con il risanamento dei conti pubblici, attraverso la fiducia e la vicinanza delle banche nei confronti delle imprese italiane, in particolare rafforzando l'attività creditizia verso le PMI esportatrici.

Sfruttando il deprezzamento dell'euro sulle altre valute, il rilancio dell'economia dipenderà proprio dalla soddisfazione della domanda estera di prodotti.

giovedì 15 luglio 2010

Stress quotidiano, una costante

Emicranie, disturbi gastro-intestinali, problemi cardio-circolatori, spossatezza e chi più ne ha più ne metta. Sono solo alcuni dei sintomi che un’elevata dose di stress ogni giorno può provocare.
I rapporti interpersonali, gli inconvienti e imprevisti e il lavoro sono le principali cause in grado di far innalzare il rischio stress.
Diventa necessario, allora, rifarsi ad alcuni tra i rimedi più comuni per evitare di essere sull’orlo di una crisi di nervi.
I consigli partono dalle giuste ore di sonno (anche se dormire troppo ha l’effetto contrario), una sana alimentazione (evitare i cibi pesanti), la pratica sportiva e, se possibile, il contatto diretto con la natura.
Ci si può aiutare con una serie di tecniche fisiche come il controllo della respirazione e il rilassamento muscolare. È essenziale, come ovvio, agire direttamente sulla componente psicologica: quindi pensare positivo, dedicare tempo alle attività preferite, esternare le proprie sensazioni (anche con la scrittura), abbandonarsi a piaceri innocenti e piacevoli distrazioni.

Stabilimenti balneari: strutture davvero ricettive e sicure per chi preferisce il mare?

Stessa spiaggia, stesso mare. E spesso, anche stesso bar e vicino di ombrellone. Dopo un timido accenno, l’estate è esplosa, accompagnata dall’accorrere di turisti, italiani e stranieri, verso i litorali del Belpaese (Foto tratta da ilgiramondo.net).

Migliaia i gestori di stabilimenti pronti a offrire i propri servizi stagionali sia balneari, sia di ristorazione e intrattenimento. Nonostante il relax della vacanza, il consumatore dovrebbe rimanere in allerta e esigere il rispetto delle basilari norme igienico sanitarie e di sicurezza da parte dei responsabili delle strutture. Infatti, potrebbero nascondersi insidie dietro la conservazione di alimenti e bevande, dietro il funzionamento di frigo e le condizioni igieniche di bar, sale-ristorante, bagni e cabine.

Potenziali irregolarità potrebbero interessare le norme antincendio, la dotazione di primo soccorso e il ruolo del personale di salvataggio, per non parlare della disposizione di lettini e ombrelloni su aree non adibite.

Quando la responsabilità dei gestori e il rispetto delle normative è limitata, oltre alla denuncia del consumatore informato, servono controlli accurati da parte delle autorità con un costante supporto educativo e di aggiornamento per responsabilizzare chi offre i servizi ricettivi.

mercoledì 14 luglio 2010

Lavoro, l’Italia tra disoccupazione e mancata sicurezza

“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che lo rendano effettivo”. Nonostante l’articolo 4 della nostra Costituzione lo individui come uno dei diritti fondamentali della persona oggetto di tutela legislativa, in Italia si continua a morire nello svolgimento della propria attività lavorativa e la disoccupazione resta un problema.
Secondo i dati forniti dall'Osservatorio sulla Sicurezza di Vega Engineering, a partire dall’inizio del 2010 ammontano già a quota 39 i decessi concentrati nel Nordest in un incidente sul lavoro.
Come se non bastasse, un quadro sconcertante è rivelato dal più recente report dell’Istat su “Occupati e disoccupati” e dall’ultimo rapporto Ocse “Employment Outlook”, che indicano un tasso di disoccupazione nel primo trimestre 2010 che resta stabile all’8,7%.
Non soltanto malpagati, precari e in condizioni di sicurezza spesso non a norma. Se quasi un italiano su dieci non trova nemmeno un’occupazione part-time, peggio di tutti stanno i giovani. Quasi un ragazzo su tre (tasso cresciuto fino al 29,2 %) è in cerca di un impiego.

martedì 13 luglio 2010

Colf e badanti: il 62% irregolare, per il 44% incidenti in casa

Più di due milioni di famiglie con colf e badanti, oltre la metà di essi ancora irregolari (62%). E’ questo il quadro illustrato dal rapporto Censis ‘Dare casa alla sicurezza’ sulla situazione dei lavoratori domestici in Italia nel 2009.
Mansioni e ruoli ricoperti per lo più da stranieri, con stipendi che oscillano tra i 600 e i 1200 euro netti al mese.
Tra i dati che balzano maggiormente agli occhi una percentuale allarmante di incidenti sul lavoro: dall’indagine Censis si evince che il 44% dei lavoratori intervistati è rimasto coinvolto in sinistri nell’ambiente domestico.
Incidenti spesso non denunciati vista la grossa fetta di percentuale in ‘nero’ ancora presente ma che rende evidente anche in ambito famigliare il problema dei mancati adempimenti del datore di lavoro. Le cause più ricorrenti risultano bruciature, scivolate, cadute dalle scale, ferite provocate da coltelli e contusioni.

venerdì 9 luglio 2010

Italiani? Cicale, altro che formiche!

Più cicale che formiche…è il titolo di un interessante articolo di Repubblica sulle abitudini degli italiani che, a quanto pare, sarebbero più dediti a spendere e spandere piuttosto che a risparmiare…
L’articolo riporta l’ultima indagine ISTAT che disegna una società italiana dedita alle spese piuttosto che al risparmio, si legge testualmente “la propensione al risparmio è scivolata al 13,4 per cento, mostrando una contrazione rispetto al trimestre precedente ed al corrispondente periodo del 2009 e proseguendo il trend negativo avviato nel pieno della crisi.”

Questo nonostante i redditi mostrino ancora un andamento negativo e la sicurezza di un lavoro stabile sia ancora per molti solo una chimera … sembrerebbe un suicidio quasi..o forse solo la voglia di dimenticare, fosse anche per un trimestre, che si è “diffusamente” poveri?
Cala il tasso di investimento delle famiglie e il loro potere di acquisto.