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martedì 31 agosto 2010

Collega nervoso? L'errore umano raddoppia

Un altro episodio di malasanità sui giornali nazionali: nel messinese una madre e il suo nascituro hanno rischiato di perdere la vita per un diverbio fra dottori avvenuto in sala parto (foto da riza.it). Un altro caso, più grave, che ha portato alla morte di un neonato, a Roma. Secondo uno studio britannico apparso a luglio (Università di Aberdeen, Scozia), chi perde le staffe a lavoro è più predisposto allo stress lavorativo e commette più errori. Il processo produttivo, così come la sicurezza personale e altrui, risentono negativamente del nervosismo, grave fattore di disturbo in qualsiasi attività. In base alla ricerca, gli effetti più gravi dei litigi nati sul luogo di lavoro si sono osservati proprio nel settore sanitario, tra medici o infermieri. Litigi che spesso avvengono prima di un intervento. Le incomprensioni, così come la tensione quotidiana fra colleghi, oltre a causare un abbassamento della qualità delle relazioni umane, alimentano lo stress individuale, innescando emozioni negative che influiscono sul livello di attenzione dei lavoratori. Il personale, perdendo a causa dello stress una parte della propria attenzione, prendono decisioni affrettate o poco obiettive oppure non riescono più a svolgere pienamente i propri compiti o li eseguono con molta difficoltà. Mantenere un clima disteso e pacifico è essenziale per la sicurezza di tutti.

lunedì 30 agosto 2010

Se lo stress fa saltare la pausa

Meglio stressati e, magari, momentaneamente affamati che disoccupati: la pensano così molti dipendenti di aziende in Europa (foto da buonpernoi.it). I tagli del personale dovuti alla crisi economica e dei consumi hanno seminato il panico fra i lavoratori e gli impiegati, che, pur di mantenere il proprio posto di lavoro preferiscono saltare la pausa pranzo o la pausa caffé e gestire lo stress correlato al lavoro sbrigando compiti su compiti. Dimostrare di essere produttivi, anche quando per legge al lavoratore è consentito un momento di ricreazione è controproducente per la propria salute e per la stessa azienda. Questa nuova tendenza sul lavoro è stata fotografata da una ricerca britannica del"Chartered Institute of Personnel and Development" che ha somministrato un questionario dettagliato a oltre 3000 impiegati d'ufficio. Quasi un terzo degli intervistati ha risposto di mangiare velocemente un panino sulla propria postazione durante la pausa, un'abitudine deleteria per il proprio stomaco. Il 25% invece ha affermato di rinunciare totalmente alla pausa pranzo: il rischio di svenimento per una carenza di zuccheri diventa altissimo. Quasi la metà dei lavoratori dichiara di sentirsi spesso sotto stress (almeno una volta alla settimana). Tra le risposte più frequenti che spiegano il motivo di saltare il pranzo: troppo lavoro da svolgere o ultimare (50% degli intervistati) e riduzione del personale (30%).

venerdì 27 agosto 2010

Lavoro a intermittenza. Più di una moda estiva

Introdotto dalla legge Biagi nel 2003, il Job on call o lavoro a chiamata si è diffuso notevolmente negli ultimi anni. Secondo l'Istat, che da qualche anno a questa parte analizza il ricorso delle imprese a questo tipo di contratto nelle relazioni lavorative, nel 2009 il lavoro a intermittenza è salito del 75% rispetto a due anni prima. La flessibilità del lavoro non interessa soltanto i giovani ma ha trovato terreno fertile durante questi anni di crisi economica in molti settori e soprattutto coinvolgendo varie fasce d'età. Andando quindi oltre l'esigenza di conciliare la formazione personale dei giovani al bisogno di lavoro durante la stagione estiva. Le aziende che hanno proposto questo tipo di contratto ai propri dipendenti sono quasi raddoppiate dal 2007. I settori dove esitono più lavoratori on call sono quello alberghiero e della ristorazione: il 55% sul totale dei contratti a intermittenza e quasi il 38% della forza lavoro totale in Italia. Come conseguenza della crisi, i datori di lavoro nell'industria, nel commercio e nei trasporti preferiscono in quadrare il proprio personale in base a contatti on call a tempo indeterminato. Assente il lavoro a chiamata nel settore bancario e dell'intermediazione finanziaria. Il Veneto e il Nord Est si attestano fra le zone d'Italia che utilizzano maggiormente questa tipologia di contratto.

Patente a punti per la professionalità dei costruttori

Nell'edilizia, l'idea di introdurre un sistema per valutare e certificare la professionalità delle imprese non è nuova (foto da archinfo.it). Dopo tre anni, il confronto fra istituzioni e parti sociali ha dato vita all'obbligo concreto di una patente a punti per i costruttori. Con questo provvedimento, a fine luglio, è scattata la modifica al Testo Unico per la sicurezza sul lavoro. Semplice il funzionamento della patente, che ricorda quella di guida. Dopo aver dato prova della conoscenza della normativa sulla sicurezza, al datore di lavoro viene rilasciato un documento che attribuisce un punteggio iniziale. L'idoneità dei cantieri edili decresce, fino al possibile annullamento, nel caso in cui vengano riscontrate infrazioni e irregolarità (infortuni evitabili per esempio). Anche la mancanza di formazione del personale in tema di salute e sicurezza fa diminuire il punteggio base. Molti i pro del sistema, sia per i datori sia per gli operai: minore concorrenza sleale con la tutela delle imprese efficienti, maggiori garanzie per l'incolumità nel cantiere, benefici per i cittadini a cui sono destinate le strutture costruite, più severità nei criteri per le gare di appalto e subappalto. La patente per l'edilizia potrebbe essere sperimentata in futuro in altri settori, dato che, come antidoto alla crisi, favorisce le opportunità per un lavoro qualificato.

giovedì 26 agosto 2010

Assenze in calo al lavoro. Merito dei non fumatori

La lotta contro il tabacco e il fumo passivo nei luoghi di lavoro ha dato i suoi frutti (immagine da medicinalive.com). A documentare scientificamente i benefici connessi al divieto imposto dalla legge, due professori dell'Università Cattolica e dell'Ateneo di Bergamo. In esame il periodo 2000-2006. Italia, Svezia e Irlanda sono state messe a confronto con altri Paesi europei, dove la normativa contro il fumo sul lavoro e nei luoghi pubblici è meno rigida (come Spagna e Grecia). Con il taglio dell'abitudine al fumo, si sono osservati meno fumatori, meno fumo passivo e quindi minori rischi polmonari e cardiaci, con un calo delle assenze per malattie correlate al fumo (-4% in Italia dal 2002, -2,5% la media europea). Secondo i dati dello studio, presentati a Milano durante il congresso internazionale di fine luglio "implicazioni socio-economiche della salute e della sicurezza sul lavoro", è proprio il divieto categorico che ha influito positivamente sul fronte della produttività e della riduzione delle malattie. Per effetto delle leggi restrittive, paradossalmente, tra i lavoratori che fumano è aumentata del 5% l'esposizione allo stress da lavoro. Un falso problema, visti i maggiori danni provocati dalle sigarette rispetto allo stress.

mercoledì 25 agosto 2010

Uno spot in TV per il bene dei lavoratori

A partire da fine mese, il Ministero del Lavoro si servirà di televisione e Web per lanciare una campagna di comunicazione sociale dal titolo "Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene" (foto da superabile.it). L'iniziativa istituzionale, presentata il 23 agosto a Rimini, è indirizzata a tutti i lavoratori italiani, con particolare attenzione a quelli attivi nei settori più a rischio di incidenti. Saranno trasmessi in TV alcuni spot che hanno per protagonisti operai, impiegati e imprenditori, uomini e donne. La missione: stimolare l'opinione pubblica e indurla a riflettere sul tema dell'incolumità e della salute per chi lavora. Non solo: la campagna servirà anche a far conoscere la diversità di rischi corsi da uomini e donne, dando importanza alla parità di diritti attraverso il riconoscimento delle differenze di genere. Questa volta la televisione si presterà per il buon esempio, diventando un importante veicolo del progresso culturale e promuovendo un cambiamento di mentalità. Una campagna comunicativa che tratta un problema grave, quello della mancanza di sicurezza sui luoghi di lavoro basandosi su messaggi semplici, per essere facilmente interiorizzata dal pubblico. Messaggi semplici che riescono, però, nel loro intento: fare leva sulle emozioni e, in seguito, sul comportamento degli spettatori, attraverso trame e prospettive insolite.

martedì 24 agosto 2010

In ufficio, senza afa né sprechi

Sarà colpa del riscaldamento globale e di stagioni estreme, o di edifici mal progettati, fatto sta che è sempre più difficile rinunciare al climatizzatore negli uffici (foto da guidaconsumatore.com). I ventilatori non bastano, serve qualcosa con una marcia in più per rendere il microclima delle aziende e di uffici pubblici vivibile e salubre. Climatizzatori che eliminano l'umidità, abbassano la temperatura e distruggono polveri, allergeni, batteri, virus e spore. Croce e delizia. Infatti, chi crede che impiegati e colletti blu siano fra le categorie di lavoratori più fortunati è quasi fuori strada. L'utilizzo costante e scriteriato di questi impianti, oltre ad avere un enorme impatto energetico, sia in termini di costi sia di danni ambientali, influisce negativamente sul benessere termico delle persone che risiedono, per un terzo della giornata, in locali chiusi. Per evitare il rischio microclimatico, come raffreddori, cefalee, polmoniti, bronchiti, stress e shock termici, dolori articolari e problemi digestivi, è importante tenere presente degli accorgimenti. Primo, utilizzare il climatizzatore se l'esigenza è reale. L'escursione termica fra ufficio ed esterno non deve superare i 7 gradi, non bisogna passare in fretta dal caldo torrido al fresco secco, si deve evitare di deumidificare eccessivamente l'aria (sotto il 50%) e di esporsi direttamente alle sorgenti di aria fredda.

lunedì 23 agosto 2010

Medici aziendali per un lavoro "sobrio"

L'Organizzazione Mondiale della Sanità, a giugno, ha dichiarato che l'abitudine di bere alcolici prima dei turni e durante l'orario di lavoro, ad esempio per la pausa pranzo, amplifica i rischi potenziali dell'ambiente di lavoro e riattiva quelli già circoscritti dalle misure preventive di sicurezza (foto da alcol.info). Una percentuale che oscilla tra il 10 e il 30% degli incidenti lavorativi è condizionato proprio dall'abuso di alcol e di sostanze stupefacenti. Si parla sempre di stato di ebrezza e tassi alcolemici nella sicurezza stradale, invece l'argomento diventa un tabù quando riguarda i luoghi di lavoro e le aziende. Il divieto assoluto di bere e somministrare alcolici esiste già (D.Lgs 81/08) e riguarda coloro che si prestano per "attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro e sicurezza"(Art.15 L.125/2001). I medici aziendali sono incaricati di svolgere severi controlli per accertare il consumo di alcol e sostanze psicotrope soltanto per queste categorie di impiegati e operatori. Secondo un articolo apparso su IlSole24ore ad Agosto, l'ANMA (Associazione Nazionale Medici d'Azienda) ha dichiarato che, su un campione di 16498 lavoratori costituito da mulettisti, autotrasportatori e carrellisti, l' 1,2% è risultato positivo al test per la rilevazione di alcol e droghe. Una percentuale certamente molto bassa, tuttavia il divieto assoluto nella pratica risulta aggirato e intaccato.

mercoledì 18 agosto 2010

Tragitto casa lavoro. Pericoli dietro l'angolo

Ogni giorno, si percorrono piccole e grandi distanze per poter svolgere la propria attività lavorativa (foto da focus.it). Dirigersi al lavoro, con la propria auto, se mancano i collegamenti, o prendendo i mezzi pubblici (inter)urbani, è un'azione strumentale al lavoro stesso che potrebbe mettere a rischio l'incolumità del lavoratore. Gli spostamenti espongono chi lavora a fattori che restano fuori dal proprio controllo e sono una fonte di stress nell'ambito lavorativo.
Rimane un tema piuttosto controverso quello dei risarcimenti per gli incidenti avvenuti nel percorso di andata e ritorno dal lavoro. Tre i motivi di discussione: la convenienza e l'abitudine dell'itinerario percorso, il nesso giornata/orario di lavoro con il tragitto effettuato, la reale necessità di utilizzare il mezzo privato. A fine luglio, ha fatto discutere una sentenza della Corte di Cassazione, che si è opposta alla richiesta di indennizzo avanzata da un lavoratore che era rimasto vittima di un incidente in motorino per andare al lavoro. Ricorrere al proprio veicolo, quando il luogo di lavoro è collegato, facendo prevalere gli interessi familiari, per esempio ridurre i tempi del tragitto per arrivare o tornare in tempo, va contro i criteri per il riconoscimento dell'infortunio "in itinere". Consola il fatto che, nel 2009, secondo l'Inail, gli infortuni sulla strada verso/dal lavoro si sono ridotti del -6% rispetto all'anno precedente, lo stesso si è verificato per i casi mortali, in discesa del 2,7% .

martedì 17 agosto 2010

Agricoltori per una stagione: insidie per i giovani

Sono moltissimi i giovani tra 19 e 27 anni che, terminata la scuola o le lezioni all'Università, si riversano nelle campagne per l'estate (foto da impresalavoro.eu). Prestano lavoro come braccianti, addetti principalmente alla raccolta di frutti o ortaggi. Quest'anno, Coldiretti ha previsto una presenza massiccia di giovani: circa 100mila i ragazzi italiani impegnati nella stagione agricola, Puglia in testa per opportunità (18%). Moltissime anche le insidie nascoste nei campi per la generazione di occasionali, spesso non esperti e, purtroppo, poco formati dai propri datori, data la semplicità del compito da eseguire e la brevità della prestazione. A pagare il prezzo della mancanza di formazione sulla sicurezza, proprio i nuovi occupati. A fine luglio, l'Osservatorio Vega Engineering di Mestre ha bocciato il settore agricolo in tema di sicurezza: nei primi sette mesi del 2010 conta il numero più alto di morti bianche (37,3% nel mese di luglio) e si classifica fra i primi per gli incidenti. Secondo l'Istituto veneto, fra gli scenari che scatenano gli infortuni più gravi e, addirittura, la morte nell'agricoltura si colloca al primo posto la caduta da lavori su altezze (23%), seguita da ribaltamento di mezzi o veicoli (21,4% dei casi). Inoltre, il 23,3% degli incidenti mortali ha coinvolto lavoratori esperti, fra i 50 e 60 anni. La sicurezza nei lavori occasionali agricoli non va trascurata, data l'alta incidenza di infortuni e il tasso di mortalità fra gli agricoltori esperti.

lunedì 16 agosto 2010

Dal lavoro flessibile al precariato femminile

La maggiore flessibilità del lavoro femminile, attraverso contratti part time e occasionali, avrebbe dovuto essere un input per creare maggiori opportunità di impiego e minori difficoltà alle donne alle prese con la cura della famiglia e della casa (foto da newsfood.com). La realtà dei fatti ha smentito in gran parte questa previsione, creando il paradosso femminile del lavoro, percepito maggiormente al Sud Italia per effetto della crisi economica. Dai dati del rapporto Svimez, - Associazione per lo Sviluppo del Mezzogiorno - riguardante la condizione femminile, apparsi a fine luglio, le donne italiane in età lavorativa, pur essendo molto più istruite degli uomini (93,5% diplomate e laureate nel 41% dei casi al Nord e nel 51,3% al Sud) sono spesso vittime del precariato, hanno poche chance di inserirsi nel mondo del lavoro anche con contratti a tempo determinato, sono mal inquadrate rispetto al livello di istruzione, più povere dei colleghi uomini e costrette a migrare all'estero per potersi realizzare. Per la minoranza di fortunate che hanno ottenuto un lavoro a tempo indeterminato, si parla di un grande stess quotidiano nella gestione della carriera e dell'impegno per i figli e per la casa. L'Art. 37 della Costituzione, ha stabilito la pari dignità lavorativa e retributiva tra uomini e donne: dopo sessant'anni, purtroppo, siamo molto lontani dal traguardo della parità. In media, in tutta Italia, il 23% delle donne è a rischio povertà, al Sud meno di una donna su 3 è occupata.

giovedì 12 agosto 2010

Contro il lavoro nero i "buoni lavoro"

I lavori occasionali, svolti in maniera non continuata e sporadica, vedono impegnati molti giovani, spesso studenti universitari o casalinghe, proprio durante il periodo estivo (foto da fiscooggi.it). Impieghi che vanno dall'assistenza domestica a eventi di solidarietà, dal giardinaggio e raccolta nei campi all'aiuto nel ristorante di famiglia o di conoscenti, fino all'insegnamento per impartire ripetizioni. Per far emergere il fenomeno delle attività svolte per arrotondare, al fine di permettere la loro regolarizzazione dall'economia sommersa, sono stati concepiti i buoni lavoro. Nell'ambito della Legge Biagi, sono un mezzo per retribuire, secondo il rispetto di determinati parametri, chi presta una mansione saltuaria e accessoria. Non solo. Attraverso il pagamento con i buoni, i beneficiari possono godere di copertura assicurativa (INAIL) e di quella pensionistica (INPS). Un punto a favore sia della sicurezza sul lavoro, sia della previdenza. Dai dati comunicati dall'INPS a inizio agosto 2010, sono stati più di 7 milioni i buoni venduti dal 2008 fino ad oggi a quasi 100 mila lavoratori saltuari. I voucher valgono soltanto in determinati settori, caratterizzati dalla stagionalità, e sono disponibili in via sperimentale esclusivamente in sei regioni italiane. Il Veneto ha registrato la vendita maggiore e i giovani con più di 25 anni si situano tra i maggiori prestatori di mansioni o servizi occasionali (30% sul totale ). Dato il successo, l'adozione potrebbe interessare a breve altre regioni.

mercoledì 11 agosto 2010

Imprese sicure: arrivano i finanziamenti Fondimpresa

Dal 2007, le piccole e medie aziende italiane hanno la possibilità di aderire, secondo diverse modalità, a Fondimpresa (foto 100ambiente.it). Si tratta di un fondo paritetico nazionale, istituito da Sindacati e da Confindustria, che ha come obiettivo il finanziamento di piani di formazione e di aggiornamento del capitale umano. Le imprese possono accedere alle risorse presentando la propria domanda, singola o in consorzio. Per l'approvazione, però, servono determinati requisiti, primo fra tutti l’iscrizione come socio all’iniziativa Fondimpresa. Il fondo è costituito da stanziamenti dall'INPS, ottenuti da versamenti effettuati dalle imprese che partecipano. Proprio a fine luglio, sono stati messi a disposizione dei soci 9 milioni di euro, con lo scopo di alleggerire i costi per i piccoli e medi imprenditori e di incrementare la formazione, in via esclusiva, sulla sicurezza e sulla gestione ambientale. Le aziende italiane, più sensibili alla problematica della sicurezza, possono aumentare la propria efficienza e allo stesso tempo rispondere alle normative vigenti, investendo per i dipendenti con minori sforzi grazie alle agevolazioni. Possono infatti beneficiare sia di una copertura parziale dei costi nella fase iniziale del piano di formazione (fino al 70% sul costo totale), sia di un rimborso finale al termine del percorso formativo.

martedì 10 agosto 2010

Mobbing sul lavoro: a repentaglio la salute psicofisica

Il termine inglese "mobbing" sembra riferirsi a un fenomeno recente: purtroppo, è un problema grave, da sempre esistito nelle aziende, private e pubbliche. Il mobbing minaccia e danneggia effettivamente l'integrità psicofisica del lavoratore, sopprimendo i suoi diritti costituzionali. La Cassazione lo ha definito come una serie di comportamenti ostili, messi in atto da colleghi o superiori sul posto di lavoro. Vessazioni e minacce, più o meno evidenti, che si protraggono nel tempo a spese del dipendente preso di mira. Quest'ultimo subisce l'allontanamento e perfino l'esclusione dall'attività. Direttamente licenziato dal superiore perchè non produttivo, oppure, indirettamente, ormai vittima di depressione e disturbi traumatici, sceglie di licenziarsi per evitare le continue pressioni psicologiche. E' di qualche giorno fa la notizia di un' azienda sanitaria in Trentino che ha deciso di ricorrere a uno psicologo esterno per combattere il fenomeno. In Italia non esiste ancora una legge sistematica contro il mobbing, nonostante i casi registrati superino il milione. Un primo passo per uscire dal tunnel è quello di rivolgersi al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza - RLS, e successivamente ai sindacati esterni. La figura del RLS è essenziale per aprire un confronto tra l'azienda e i soggetti coinvolti. Perchè se la salute del singolo è messa a repentaglio, anche la sicurezza stessa dell'azienda e degli altri dipendenti è a rischio.

lunedì 9 agosto 2010

Occupazione: un miraggio per i giovani

A fine luglio, il Consiglio Nazionale dell'Economia e del Lavoro (CNEL) ha pubblicato i risultati del "Rapporto sul mercato del lavoro 2009/2010" (foto da universita.it). Risultati che gettano un'ombra scura sul futuro di un'intera generazione. Per i giovani italiani under 30, l'inserimento nel mondo del lavoro sta diventando sempre più un problema. La domanda da parte di datori di lavoro e aziende è calata di quasi mezzo milione di unità rispetto all'anno precedente. Una contrazione significativa, che è stata osservata anche per le richieste di lavoro dipendente a tempo determinato. Minori opportunità d'ingresso, minori occasioni per fare "gavetta": come reazione, quindi, aumentano i giovani che rinunciano alla ricerca attiva di una posizione, determinando la propria esclusione dal mercato del lavoro. Essere assunti con un contratto a tempo indeterminato appare sempre più un miraggio, così come avere la sicurezza di tenersi stretto il lavoro stabile, una volta ottenuto. Secondo il report del CNEL, i giovani con meno di 25 anni costituiscono la fascia di popolazione più penalizzata. Per loro, restare senza lavoro è tre volte più probabile rispetto ai giovani fino a 34 anni. Il quadro vale sia per l'Italia sia per altri Paesi europei. Dal 2008, infatti, per i ragazzi under 25 si è osservata una diminuzione dell'occupazione pari al 10,8%, specialmente nel comparto dei lavori temporanei. Come se la crisi globale e l'instabilità dei rapporti di lavoro non fossero già abbastanza.

venerdì 6 agosto 2010

Lavoro e malattie: uno stretto binomio

L'esposizione di otto ore al giorno, per anni, a fonti di calore, vibrazioni, rumore, sostanze chimiche, inquinamento, polveri, fonti luminose, campi magnetici e quant'altro conduce nella maggior parte dei casi a una malattia professionale, collegata cioè all'attività lavorativa (immagine da Inail.it). Malattie che possono essere evidenti o latenti e subdole, addirittura mortali. Esistono, poi, lavori che richiedono un certo tipo di sforzo o postura costante: a lungo andare il corpo si usura manifestando una o più patologie. I lavoratori, maggiormente informati da sindacati, patronati e associazioni, risultano oggi più sensibilizzati sulla problematica delle malattie correlate al lavoro. Infatti, nel 2009, hanno presentato 34646 denunce: secondo il Rapporto Annuale dell'Inail si tratta di un vero e proprio boom. Non necessariamente l'aumento intende segnalare peggiori condizioni di salute e sicurezza sul lavoro, semplicemente esiste una maggiore conoscenza del fenomeno. L'istituto ha comunicato un incremento del 16% dei casi di malattia denunciati dal 2008, la percentuale più alta dal 1995. Nel 2009 sono raddoppiate le segnalazioni di lavoratori del settore agricolo, il più coinvolto nelle denunce, segnando dal 2008 il più 113,4%. Al primo posto delle malattie: tendiniti, sindrome del tunnel carpale, patologie muscolo-scheletriche imputabili a sforzi e sovraccarichi. In aumento anche le denunce per neoplasie e tumori dovuti all'esposizione all'amianto.

giovedì 5 agosto 2010

Cantieri stradali: l'incolumità in testa

Difendere l'ambiente di lavoro dall'insorgere di pericoli è un dovere comune per il datore di lavoro e per il dipendente (foto da sole24ore.com).
Questa idea di cooperazione reciproca, però, non è così scontata. Man a mano che ci si addentra nella dimensione delle piccole e micro imprese la collaborazione sembra indebolirsi e svanire. Se è vero che sono i grandi a dare l'esempio, quest'anno la società Autostrade per l'Italia si è dimostrata la migliore in classe quanto a responsabilità sociale sia per l'implementazione di programmi di sicurezza, sia per il coinvolgimento diretto degli operai nei propri cantieri stradali. Un'iniziativa nata due anni fa, con la partecipazione della Provincia di Bologna, sindacati e ditte subappaltatrici dei lavori sulla variante di valico sull'A1.
Autostrade ha investito un milione di euro suddivisi tra corsi di formazione sulla sicurezza paralleli a quelli previsti per legge, premi singoli per i lavoratori più attenti (500 euro mensili) e premi per le squadre più collaborative (5000 euro trimestrali).
In totale, 65 i lavoratori premiati quest'estate per la difesa dell'incolumità propria e altrui nel cantiere. Questo progetto pilota, unico nel suo genere in Italia, sarà adottato su scala nazionale dalla società. Chissà se sarà preso come modello da altre piccole medie aziende, specialmente da quelle nel settore delle costruzioni.

Dipendenti stressati? Pagano i datori di lavoro

Con le recenti disposizioni è diventato un obbligo in Italia per le aziende monitorare lo stress a lavoro dei propri dipendenti.
Occhio quindi ai sintomi dello stress che si ravvisano altrimenti si può rischiare grosso.
Ne sa qualcosa la Renault, condannata nel gennaio 2010 dal tribunale di sicurezza sociale di Nanterre per il suicidio di un suo ingegnere. Il 20 ottobre 2006 l’uomo si gettò dal quinto piano a causa dello stress provocato dall’imposizione di orari di lavoro troppo duri.
E per quanto ci riguarda ci si può rifare a quanto deciso dalla Cassazione qualche mese fa. Il capo che stressa in continuazione il dipendente lo deve risarcire per i danni patiti. Era la causa di Rita C., un'operatrice amministrativa impiegata presso l’ ufficio di funzionario della pretura di Imperia. Il dirigente era stato condannato in primo grado e in Appello per i reati di ingiuria, lesioni colpose e minacce. La Suprema Corte ha poi dichiarato estinti i reati per prescrizione, ma ha confermato il risarcimento dei danni per lo "stato ansioso depressivo con tachicardia in stress emotivo" provocato.

mercoledì 4 agosto 2010

Alimenti e sicurezza: task-force estiva dei NAS

Cibo sicuro/Estate 2010”: è il piano nazionale a tutela dei consumatori attuato dal Ministero della Salute in collaborazione con i Nuclei Antisofisticazione dei Carabinieri -NAS (foto Adnkronos.com).
Lo scopo: intensificare le verifiche sugli alimenti e sui requisiti igienici di strutture ricettive ed esercizi pubblici nelle principali località turistiche, quando l’affluenza è maggiore. Secondo quanto rilasciato dal Sottosegretario alla Salute Martini, in concomitanza al Bilancio annuale sulla Sicurezza Alimentare, tra giugno e luglio sono stati sottratti al consumo più di mille tonnellate di alimenti e bevande alterati, per un valore di oltre 3 miliardi di euro. I controlli a tappeto hanno interessato 3300 attività commerciali: di queste, 1130 sono state ritenute irregolari. Ammontano a 940 gli illeciti amministrativi, 199 le segnalazioni all’autorità giudiziaria, 84 i sequestri immediati. Tra le maggiori violazioni emerge insistentemente l’insufficiente osservazione e attuazione delle procedure contenute nel manuale di autocontrollo - haccp, specialmente nel settore alimentare. Nel 2009 le infrazioni date dalla carenza di autocontrollo sui prodotti finali hanno riguardato il 41,2% sul totale. Per difendere la salute dei cittadini e la reputazione dell’agroalimentare italiano, sarà previsto un nuovo Decreto Legge con sanzioni più pesanti e rafforzamento delle verifiche sulla sicurezza dei cibi.

Sicurezza, prevenire conviene

Incentivi alle imprese artigiane che non hanno avuto infortuni sul lavoro dei loro dipendenti nei bienni 2007/2008 e 2008/09. E’ questa l’ultima agevolazione decisa dall’Inail nei confronti di quelle aziende che potranno dimostrare con i numeri di aver fatto di tutto per ridurre al minimo incidenti e malattie professionali adeguandosi alle disposizioni in materia di sicurezza previste dal D. Lgs. 81/2008 sulla scia delle norme introdotti dalla legge 626.
La riduzione prevede uno sconto del 1,88% dell’importo del premio per il 2009 che aumenterà al 2,10 % per l’anno successivo.
Per le agevolazioni non basta comunque non aver subito incidenti ma i datori di lavoro devono documentare di aver effettuato interventi di prevenzione.
Un’azione, quella decisa dall’Inail, che sottolinea l’importanza della formazione sulla sicurezza e che spinge le aziende ad investire in questo settore anche per ottenere benefici concreti in termini economici oltre che per la salvaguardia della salute umana.

martedì 3 agosto 2010

Privacy VS controlli di sicurezza: partita aperta

L'eventualità di incorrere in rischi operativi interni, danni da eventi straordinari esterni, furti, intrusioni, atti illeciti spinge le aziende a dotarsi di impianti di video-audio sorveglianza a volte sofisticati (foto da aylook.com). Esistono sistemi che ampliano l'angolo della visuale, altri che impiegano zoom e software per il riconoscimento biometrico, del viso e dell'andatura di una persona rendendo riconoscibile l'identità di chi viene ripreso. L'esigenza di monitoraggio organizzativo e di sicurezza viene ridimensionata nel momento in cui i bisogni dei datori di lavoro si scontrano con la sfera della privacy dei dipendenti e della tutela dei loro dati personali (D. Lgs 196/03). Parafrasando l'articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori (L. 300/70) è infatti vietato usare telecamere o altri apparecchi con il fine di controllare a distanza le prestazioni lavorative degli impiegati. Una garanzia ripresa e ampliata dall'autorità per la privacy, che è intervenuta tutelando anche casi di controllo indiretto dei lavoratori. E' consentito posizionare telecamere esclusivamente per scopi di sicurezza e organizzativi, qualora per l'impresa sia impossibile ricorrere ad altre misure. Il tutto con il via libera preventivo della rappresentanza sindacale. Le aree di videosorveglianza devono essere facilmente individuabili dai lavoratori, i quali a loro volta devono essere informati. La recente decisione del Ministero del lavoro secondo cui è possibile registrare telefonate, grazie a sistemi di criptaggio che rendono difficile ricondurre la voce dell'impiegato alla sua identità, riapre nuovamente il dibattito.

Stress? Arriva l’Aom e si torna a lavorare

E’ uno tra i nuovi rischi più diffusi per i lavoratori. Spaventa i datori di lavoro costretti a mettere in atto misure per controllarlo. Lo stress si erge a protagonista per i dipendenti nella loro attività quotidiana. La conferma arriva dagli esperti sullo stress lavoro correlato.
Ma soprattutto per gli impiegati e i lavoratori da ufficio un rimedio potrebbe essere costituito dall’Aom, l’antistress office massage.
Si tratta di una pratica sperimentata dapprima dalle multinazionali americane, perfetta per coloro che trascorrono molte ore al pc o seduti davanti a una scrivania. Si tratta di un massaggio breve di circa 15 minuti, il tempo di una pausa caffè, ideale da praticare a lavoro perchè viene eseguito da vestiti, senza oli o creme, semplicemente su un lettino o una sedia.
Sblocca i muscoli contratti e le articolazioni rigide. I benefici sono immediati. Con l'annullamento delle tensioni muscolari e il rilassamento, permette all’organismo di rigenerarsi aumentando la vitalità grazie al miglioramento della circolazione e accrescendo l'elasticità del corpo.

lunedì 2 agosto 2010

Le aziende italiane fra sostenibilità e responsabilità sociale

In tempi di crisi, la creazione di un valore aggiunto è indispensabile per mantenere il proprio business sul mercato e per distinguersi dalla concorrenza (foto da siracusanews.it).
Le piccole e medie imprese italiane, specialmente quelle del Centro-Sud, lo hanno capito e, consapevoli, stanno adottando sempre più un approccio sostenibile verso la dimensione sociale, esterna e interna, all'attività lavorativa. A sostenerlo di recente è stato l'Osservatorio Socialis con i dati divulgati nel corso del IV Rapporto sull'impegno sociale aziendale patrocinato anche dal Ministero del Lavoro. Il nuovo trend della responsabilità sociale non è prerogativa esclusiva della governance delle grandi aziende del Nord, nè un puro strumento di immagine. Su un campione di 800 attività intervistate con 100 lavoratori nel 2009, il 63% ha investito in iniziative solidali per comunità e gruppi svantaggiati, per l'ambiente, per le condizioni di salute di lavoratori e per la sicurezza. Su quest'ultimo aspetto, soltanto il 33% circa delle aziende "responsabili" ha concentrato l'investimento sociale al proprio interno, per migliorare le condizioni di salute, di sicurezza e la situazione lavorativa generale dei propri dipendenti. Per le aziende analizzate, eventi catastrofici esterni sembrano avere quindi maggiore eco rispetto alle tematiche di sicurezza e di miglioramento qualitativo dell'occupazione. Su circa un miliardo di euro versati per la responsabilità sociale lo scorso anno, un terzo è stato erogato in denaro, senza il coinvolgimento a 360 gradi dell'impresa. In fondo, la responsabilizzazione è un processo ancora in corso.