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lunedì 19 luglio 2010

In tempi di crisi, lavoratori comunitari e neo UE preferiti agli italiani

Una tendenza che rivela la reazione delle aziende italiane alla crisi: è quanto emerge dallo studio condotto dalla fondazione veneta Leone Moressa Onlus, pubblicato a luglio fra gli approfondimenti del Sole24Ore.

Dall'esame sui dati ISTAT del 2009, risulta che la propensione ad assumere cittadini di recente ingresso nell'UE riguardi maggiormente il settore dei servizi alla persona, della ristorazione, del commercio, dell'edilizia e agricoltura. In sintesi, 147 mila lavoratori stranieri in più rispetto al 2008, di cui 118 mila provenienti da un Paese UE, pari all'80% sul totale e a un più 33% contro il 5% dei lavoratori extra UE dall'anno scorso.

In particolare, il Nord ha assistito ad una consistente modifica della composizione della forza lavoro, registrando la più alta presenza femminile non specializzata, quest'ultima caratteristica in linea con la media nazionale. Nonostante il tasso di disoccupazione straniera sia aumentato, i disequilibri tra domanda e offerta di lavoro hanno incrementato la richiesta di personale dalla Romania, Polonia e Bulgaria.

In genere, i profili professionali ricercati sono di livello medio basso e, tra i contratti di assunzione più diffusi, emergono quelli a termine (45,6%) e part-time. In crescita le forme contrattuali atipiche.

Infine, l'analisi mette in luce la questione degli stranieri irregolari in Italia, dato l'aumento impercettibile di cittadini extraeuropei di sesso maschile come risultato dall'indagine.

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